Un giorno, a un gruppo di studenti che gli chiedevano qual è il segreto per diventare dei bravi registi, Ernst Lubitsch rispose: «Cominciate a filmare le montagne. Quando saprete filmare le montagne, saprete filmare anche gli uomini». Mi sono chiesto più volte che cosa volesse sottintendere, con quella frase sibillina, il maestro del cinema tedesco, autore di sofisticate commedie urbane ma anche di melodrammi ambientati tra le vette. Si riferiva a un'imprescindibile qualità e profondità di sguardo? Filmare le montagne significa saperle prendere dal verso (versante) giusto, leggerne la storia tra le rughe del volto, coglierne la personalità nei tratti particolari, senza per questo perdere di vista la loro appartenenza ad un "tutto". O alludeva piuttosto a questioni di luce? Per poter dire di conoscere veramente una montagna bisogna frequentarla a lungo, condividerne le stagioni, coglierne luci ed ombre. Ma forse Lubitsch auspicava, per gli aspiranti registi, anche altre virtù: una predisposizione all'ascolto e un surplus di sensibilità e di determinazione. Filmare le montagne significa sforzarsi di capire come ti parlano e cosa hanno da dirti, apprezzare le sensazioni e le emozioni che ti suscitano e trovare il modo di comunicarle ad altri, non avere paura di esporsi ed essere disposti al sacrificio, confrontarsi con la fatica, la frustrazione, la solitudine. Le montagne (gli uomini) sono il nostro banco di prova. Marco Rossitti - autore e regista "L'Altro Versante" cinema/tv